(intervento già inviato via e-mail a tutto l'Ateneo il 17 settembre 2012)
Cari
Colleghi,
la
questione della medicina universitaria è cruciale per le prospettive
del governo futuro del nostro Ateneo e del suo sviluppo. Essa
rappresenta il punto di impatto più rilevante e delicato con il
territorio in cui operiamo.
Sul
piano generale, va detto anzitutto che – anche alla luce della
progressiva contrazione di risorse pubbliche per il finanziamento del
sistema universitario – pare ormai insostenibile che la spesa
affrontata dall’Università a favore del SSN (per lo svolgimento di
attività assistenziali) resti per intero a carico del sistema
universitario e non del SSN. Ciò significa penalizzare,
appesantendone i bilanci, gli atenei sede di scuole di medicina ad
ampio spettro formativo, con conseguenti problemi di stabilità
economico-finanziaria, già al centro del dibattito della CRUI.
Il
nostro Ateneo, insieme alle Università di Messina e di Palermo, ha
in qualche modo fatto fronte a questo grave problema attraverso un
accordo con la Regione Siciliana, che ha prodotto il trasferimento
del personale non medico addetto ad attività assistenziali al
Policlinico.
Occorre
chiarire che quest’accordo, mentre non ha intaccato in alcun modo
diritti, posizioni giuridiche ed economiche del personale trasferito
(le ha anzi rafforzate), non ha neppure messo in discussione
l’appartenenza di questo personale al sistema universitario. Il
personale in oggetto dipende dall’azienda di riferimento
dell’Università e non certamente dalla Regione; a tale personale
si applica il CCNL dell’Università e lo stesso è rappresentato
dalle RSA dell’Università. Soltanto il costo stipendiale è stato
correttamente trasferito dal sistema universitario al SSR, giacché è
proprio il sistema sanitario che si è avvalso e continua ad
avvalersi del contributo professionale di tali risorse umane. A tale
personale è stato, per altro, definitivamente – e non più solo
transitoriamente – riconosciuto lo status e l’inquadramento
professionale (in molti casi migliorativo) proprio del sistema
sanitario.
Ciò
implica, d’altro canto, che tale personale, pur dipendendo
dall’azienda Policlinico, è comunque obbligatoriamente assegnato a
compiti di didattica e di ricerca, oltre che di assistenza, e deve
porre in essere le proprie prestazioni assistenziali, di didattica e
di ricerca in piena, necessaria e leale collaborazione, con i docenti
universitari medici, sia nel loro ruolo di docenti (per l’attività
didattica e di ricerca), sia nel loro ruolo di dirigenti medici (per
l’attività assistenziale).
Le
disfunzioni, quindi, che in qualche caso si sono verificate, in
particolare per le Scuole di specializzazione, non sono conseguenza
del ‘trasferimento’, ma di errori nell’applicazione degli
accordi, che in quanto tali vanno denunciati per ripristinare
corretti rapporti tra personale tecnico, amministrativo, sanitario e
docenti.
Quel
che pare, invece, non avere funzionato affatto in questi anni nella
medicina universitaria catanese, e che viene vissuto con grave
disagio sia dalla docenza universitaria, sia dai medici ospedalieri
dell’azienda Policlinico-Vittorio Emanuele, è il modo in cui è
avvenuta la recente fusione tra le due aziende, che è così apparsa,
per molti aspetti, troppo affrettata, quasi imposta e quindi non
compresa nella sua complessità.
La
fusione, purtroppo, ha portato con sé grandi problemi esecutivi, con
scarsi risultati in termini di maggiore efficienza e di risparmio di
spesa (al contrario, i cattivi risultati di bilancio dell’ex
Vittorio Emanuele si sono ribaltati sull’ex Policlinico), e ha, in
particolare, prodotto gravi problemi di coesistenza tra medici
universitari e medici ospedalieri.
Come
se ne esce? La soluzione non può che essere quella di rinegoziare il
tutto con il prossimo governo regionale, con autorevolezza e con
fermezza, così da tutelare in un tempo la dignità dei docenti
universitari, la qualità della formazione e la ricerca clinica. Ciò,
al di sopra di qualsiasi logica politica. Occorre, in sostanza,
riportare in primo piano la missione specifica dell’Università,
che fornisce, certo, assistenza, ma pur sempre nell’ambito dei suoi
compiti prioritari che rimangono la didattica e la ricerca.
Questi
compiti, cioè formare i nuovi medici dotandoli delle conoscenze e
delle competenze più aggiornate e adeguate, non sono un ‘privilegio’
dell’Università, sono il servizio a cui è istituzionalmente
chiamata nel territorio. La fusione, così com’è stata realizzata,
sembra non averne tenuto assolutamente conto: non è stata operata a
partire da una seria e meditata programmazione dei compiti formativi,
soprattutto del triennio clinico, e non ha tenuto conto a sufficienza
delle esigenze del governo clinico, che avrebbero dovuto comportare
un più diretto coinvolgimento degli organi dell’Università, in
primo luogo dell’allora Facoltà di Medicina.
Non
c’è dubbio che il micidiale piano di rientro, indispensabile
strumento a garanzia di un paventato commissariamento, non sempre è
stato applicato con razionalità; anzi, talvolta, anche prima della
fusione, è stato inteso come uno strumento per tagli indiscriminati,
tali da mettere in ginocchio quasi tutti i settori della medicina
universitaria, che hanno subito effetti catastrofici in termini di
valutazioni falsate tradotte poi in tagli di posti letto legati a una
lettura viziata di tutti i parametri di valutazione. In altri
termini, il piano di rientro è stato applicato come un piano di
‘assideramento’, di accorpamento non sempre razionale, con
conseguente taglio trasversale delle risorse anziché dei ‘rami
secchi’.
Ecco
perché il problema principale è quello della governance.
In
tutte le aziende sanitarie i politici dovrebbero fare un passo
indietro e affidare la scelta dei dirigenti a criteri meritocratici,
che l’Università sa meglio garantire e gestire. A maggior ragione
ciò vale per il Policlinico. Senza un ‘governo clinico’
l’azienda ospedaliero-universitaria si snatura. Occorre affermare
il primato dell’Università nella governance, ancorando la
scelta dei vertici non all’arbitrio del politico di turno, bensì
al rispetto di requisiti meritocratici.
In
altri termini, si proceda alla nomina dei vertici attraverso bandi e
selezioni, sulla base di criteri trasparenti, la cui formulazione e
applicazione non possono che essere di pertinenza dell’Ateneo e
della Scuola di medicina. Di più: si definiscano obiettivi e
percorsi di sviluppo ancorati alle esigenze del territorio e miranti
allo sviluppo di poli di eccellenza, salvaguardando le peculiarità
della medicina universitaria, che coniuga formazione, ricerca e
assistenza in un legame indissolubile che può attivare processi
virtuosi tali appunto da conseguire l’eccellenza. E occorre essere
franchi: per conseguire l’eccellenza non bastano i proclami; essa
va costruita, faticosamente, con rigore e impegno.
Al
giorno d’oggi, tutti i discorsi, tutte le ‘ricette’ sembrano
ormai ridursi ai tagli da fare (pur necessari), mentre è evidente
che occorre sempre più coniugare rigore e sviluppo. È vero per il
Paese, ed è vero per la sanità. La medicina universitaria può
crescere solo puntando all’eccellenza. Occorre modificare
comportamenti e impostazioni in modo che si possa favorire la
crescita e l’espressione di professionalità, che appaiono
ostacolate e compresse da fenomeni in cui la logica dominante appare
essere quella del controllo politico clientelare o della mera
‘autoriproduzione’ della classe medica.
La
fusione tra Policlinico e Vittorio Emanuele va peraltro integrata con
una forte politica di inserimento dell’azienda nel territorio, tale
da renderla leader nella realizzazione di un vero teaching
hospital caratterizzato da una forte integrazione
dell’assistenza, della formazione e della ricerca. Non un doppione
di strutture esistenti sul territorio, ma un polo di eccellenza dove
l’innovazione rappresenti l’elemento fondamentale affinché
l’Università possa tornare ad essere capofila della sanità,
almeno provinciale, e sia un punto di riferimento per tutti gli
operatori sanitari. Solo così non correrà più il rischio di
diventare facile terreno di conquista della politica. Se è vero che
la passata gestione del Policlinico da parte di un ‘rettore
politico’ aveva già inaugurato il metodo del controllo politico
sulla medicina universitaria, non v’è dubbio che la creazione
della mega-azienda si è tradotta in una forte perdita di autonomia
universitaria nella gestione dell’azienda; ecco perché nel futuro
l’azienda ospedaliero-universitaria dovrà essere il luogo dove si
insedia per intero la Scuola di medicina e dove l’assistenza viene
resa funzionale alla ricerca e alla formazione medica di altissima
qualità. Le nuove strutture in corso di completamento consentono di
trasferire presso il Policlinico tutte le unità di eccellenza
disseminate in questo momento in altri ospedali cittadini, favorendo
per tale via una unificazione di governance della medicina
universitaria. Si aggreghino inoltre le unità ospedaliere
effettivamente necessarie ai corsi di studio della Scuola di
medicina, adottando appunto come criterio guida prioritario la
didattica e la ricerca.
La
concentrazione dell’attività di ricerca, didattica e assistenziale
in un’unica azienda (davvero di riferimento dell’Università e
non della politica!) deve rispondere a una sfida: al di fuori di ogni
autoreferenzialità, la medicina universitaria catanese può e deve
tornare ad essere culla della grande medicina nazionale e
internazionale, polo di attrazione di degenze non solo regionali ma
nazionali; deve collegarsi in rete con i grandi centri di ricerca
medica presenti in Sicilia (per esempio, l’Ismett); e non solo,
deve fortemente specializzarsi nel quadro della programmazione
regionale e deve soprattutto rispondere alla logica della eccellenza
medica, fuori da ogni dipendenza dalla politica.
Sarà
così possibile valorizzare al meglio, anche per il profilo
assistenziale, le carriere delle migliori professionalità
medico-universitarie presenti nelle strutture ospedaliere catanesi,
attualmente compresse dalla insostenibile coabitazione con la
medicina ospedaliera.
In
termini normativi, ciò significa – va ribadito – rivedere in
Sicilia le regole di nomina della governance dei policlinici
universitari (direttore generale, direttore amministrativo e
direttore sanitario): la scelta finale, pur prevedendo momenti di
concertazione, deve essere sostanzialmente demandata agli organi di
governo dell’Università e alla Scuola di medicina (che andrà
quanto prima attivata come previsto dalla normativa).