martedì 30 aprile 2013

Un programma condiviso


Riparte il blog (http://www.enricoiachello.blogspot.it/), strumento che mi ha consentito di sperimentare, con soddisfazione, un nuovo modo di comunicare con la comunità universitaria (ma anche col territorio) quando ho maturato il proposito di candidarmi alla carica di rettore.
Riparte dopo un paio di mesi, durante i quali ho riflettuto a lungo, analizzando l'evolversi degli eventi seguiti all’elezione del nuovo rettore e proseguendo nel mio impegno istituzionale di consigliere di amministrazione dell'Ateneo. Riparte, perché mi sono detto che è opportuno, soprattutto in un momento che impone scelte difficili, dare conto ai colleghi, ma anche alla città, di quanto mi trovo a decidere, con gli altri consiglieri, in quell'organismo (presieduto dal rettore) a cui la legge conferisce, com’è noto, la responsabilità (nel senso letterale e non solo politico del termine) del governo dell’Ateneo.

Tra il 21 e il 28 febbraio scorsi, si è deciso, da parte mia e del prof. Giuseppe Vecchio, di desistere dalla competizione elettorale per il rettorato: un segnale di unità, per far sì che la comunità universitaria riuscisse a trovare la compattezza necessaria per affrontare i delicati e difficili problemi che l’Ateneo – insieme al Paese e al sistema universitario nazionale – ha di fronte. Di qui la decisione di dare piena fiducia al prof. Giacomo Pignataro (che aveva ottenuto più voti al primo turno, seppure non corrispondenti alla maggioranza del corpo elettorale), affidandogli, attraverso un’elezione, al secondo turno, col contributo di tutti, il processo di ricompattamento dell’Ateneo. Tale decisione è stata assunta con la massima rapidità, per spegnere un confronto elettorale la cui prosecuzione poteva risultare ‘divisiva’, il che non ha consentito, visti i tempi stretti, di mettere mano, prima dell’elezione del nuovo rettore, alla costruzione – insieme al candidato Pignataro, beneficiario della desistenza – di un programma delle cose da fare, tale da risultare condiviso dalle diverse ‘anime’ dell’Ateneo, variamente rappresentate negli organi collegiali. A questo compito, alla costruzione cioè di un programma condiviso, non possiamo adesso sottrarci. E ciò vale, in particolare, per quel che mi riguarda più direttamente, per l’organo di cui faccio parte, il Consiglio di amministrazione, a cui compete – per espressa previsione della legge di riforma – l’indirizzo strategico dell’Ateneo.

La riapertura del blog da parte mia si colloca all’interno di quella decisione ‘immediata’ e quindi mira a coinvolgere tutto l'Ateneo in questo processo di costruzione del programma unitario, che, per essere reale, deve riguardare tutte le componenti dell'Ateneo e trovare espressione negli organi che lo governano: il Senato accademico e, appunto, il Consiglio di amministrazione. Le dimissioni del past-rettore, il prof. Antonino Recca, lette da tutti come un gesto apprezzabile di sensibilità istituzionale, hanno accelerato l’insediamento del prof. Pignataro e consentono di aprire da subito questo processo. Ciascuno ora deve fare la sua parte, dai docenti al personale tecnico-amministrativo, agli studenti, al Nucleo di valutazione, ai componenti del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione, al direttore generale, al rettore, nel rispetto delle competenze e dei ruoli che la legge assegna a ciascuno di loro.
Nello svolgimento del mio incarico, intendo sottoporre a verifica ampia e quotidiana il mio contributo alla ricomposizione della nostra comunità. Con chiarezza e franchezza: saranno i colleghi a orientare le mie scelte di consigliere di amministrazione. La riapertura del blog serve allora a cercare il confronto e il conforto (la legittimazione, se si vuole) della comunità universitaria. Invito i colleghi a farmi pervenire il loro contributo di idee; da parte mia, la massima disponibilità a condividere il mio blog con tutti coloro che vorranno intervenire: questo spazio è a disposizione di tutti coloro che, con serenità e con spirito collaborativo, vorranno arricchirlo.

La ricomposizione, con il coordinamento del nuovo rettore, non può avvenire – credo sia chiaro a tutti – attraverso astratti proclami, ma deve concretizzarsi in un percorso di condivisione delle scelte difficili che la situazione impone al nostro Ateneo. Messe da parte le polemiche e risolti i conflitti che pur ci sono stati (e laddove permanessero motivi di attrito sarà bene esplicitarli e cercare di risolverli con la serenità di una fase non più elettorale, attraverso un confronto positivo), occorre fare fronte a una situazione che è davvero drammatica. Anche in recenti interviste rilasciate agli organi di informazione, il rettore ha sottolineato le difficoltà in cui ci troviamo, difficoltà che avevo peraltro già evidenziato durante i dibattiti elettorali. «Le risorse che ci trasferisce lo Stato, – ha dichiarato Pignataro – da quest’anno, non saranno più sufficienti a pagare gli stipendi». Non è l'unico problema, ma evidentemente è ‘il problema’; esso impone una gestione oculata del bilancio e costringe appunto a scelte dolorose. È giusto, di più, credo, è necessario, che i dipartimenti siano coinvolti di fronte alle scelte più delicate. Vanno cioè informati e, a mio avviso, richiesti di esprimersi in modo che il Senato e il Consiglio, ognuno per quanto di propria competenza, possano deliberare, sia pure in piena autonomia, consapevoli degli orientamenti prevalenti in Ateneo.


LA VICENDA POLICLINICO
Uno dei problemi più scottanti che ci troviamo di fronte, che richiede l’individuazione di una soluzione condivisa, riguarda la vicenda del personale passato al Policlinico a partire dal 1 marzo 2012, di cui si è discusso durante la campagna elettorale, ma che è opportuno affrontare ora con la concretezza e con la serenità necessarie. Non ho posizioni pregiudiziali sulla questione, ma vorrei che a tutti fosse chiara nella sua portata e nelle conseguenze drammatiche che potrebbero derivare da scelte sbagliate. L’unico principio che mi guida è l’interesse dell’Ateneo. E poiché sono convinto che questo è un principio che tutti condividiamo, confido in un confronto sereno.

Ricordo, anzitutto a me stesso, che tale vicenda origina dal vigente protocollo d’intesa fra la Regione Siciliana e l’Università di Catania. In particolare, l’art. 14, n. 6, del protocollo d’intesa rinviava a successive e specifiche intese tra i due enti la definizione di un percorso giuridico-amministrativo per far sì che il personale universitario impegnato in attività assistenziali fosse assorbito dall’azienda Policlinico. In virtù di tale previsione protocollare, l’assessore della Salute della Regione Siciliana e il rettore pro tempore dell’Ateneo catanese hanno siglato, nel dicembre 2011, un accordo quadro (di attuazione dell’art. 14, n. 6, del protocollo d’intesa) che ha demandato a intese dirette tra l’Ateneo e il Policlinico il passaggio dall’una all’altra istituzione del personale interessato. A tale accordo quadro ha fatto seguito l’accordo attuativo del 27 febbraio 2012, che ha prodotto il trasferimento di cui sopra, con effetti giuridici immediati (dal 1 marzo 2012 il personale è alle dipendenze dell’azienda Policlinico, da cui viene regolarmente retribuito) e con effetti finanziari, corrispondenti al costo stipendiale del personale, spalmati nell’arco del quinquennio 2012-2016, con riduzione progressiva della quota a carico dell’Università pari a un quinto del costo complessivo del personale in ragione di ciascun anno.
Va precisato che l’accordo attuativo, la cui piena legittimità è stata acclarata con un provvedimento positivo della Commissione di certificazione dell’Università di Venezia, non ha in alcun modo intaccato il trattamento economico-normativo goduto da ciascuno dei dipendenti trasferiti, i quali sono persone che già da tempo lavoravano presso il Policlinico, per le quali l’Università si è limitata, sino al marzo 2012, a pagare somme equivalenti all’ammontare degli stipendi universitari, senza trarne alcuna effettiva controprestazione lavorativa. In sostanza, è il costo stipendiale che è stato correttamente trasferito dal sistema universitario al Policlinico, giacché è proprio il sistema sanitario che si è avvalso e continua ad avvalersi del contributo professionale di tali risorse umane.
Lo stato di cose di cui sopra – derivante da un accordo quadro bilaterale, di diritto privato, posto in essere dalla Regione Siciliana d’intesa con l’Università di Catania – è stato revocato unilateralmente, con atto di diritto pubblico, dall’Assessorato regionale della Salute, su sollecitazione dei Ministeri della Salute e dell’Economia, sulla base di un presunto aggravio di spesa pubblica, prodotto dal trasferimento. Tale aggravio di spesa è invero inesistente: la spesa pubblica, corrispondente agli stipendi versati a favore del personale operante presso il Policlinico, è rimasta la stessa, pur se finalmente posta a carico dell’ente (la Regione Siciliana, e per essa il Policlinico) che si avvale (e si è sempre avvalso) delle prestazioni professionali del personale trasferito. L’Università di Catania, pertanto, ha prontamente reagito, con delibere del Consiglio di amministrazione, a tali decisioni dell’Assessorato regionale, evidentemente lesive del buon diritto e degli interessi della comunità universitaria, e – in sintonia con le Università di Messina e di Palermo – si è già premurata di depositare un ricorso al TAR (preconizzato dall’allora coordinatore del Comitato regionale universitario della Sicilia, prof. Roberto Lagalla), confortata dalla recentissima giurisprudenza amministrativa in materia di accordi bilaterali tra enti pubblici.
L’Università di Catania, pur confidando ragionevolmente in un esito favorevole del ricorso al TAR, si era già detta disponibile anche all’individuazione di una soluzione transattiva della vicenda, che tuttavia salvaguardi i legittimi interessi dell’Ateneo catanese, e ha anzi sollecitato in tal senso un intervento di mediazione dei ministeri interessati (cfr. delibera del 7 gennaio 2013).

Ma quali sono gli interessi in gioco, i vantaggi prodotti dal trasferimento del marzo 2012, a cui l’Università dovrebbe rinunciare qualora decidesse di azzerare il risultato dell’intesa allora raggiunta con la Regione Siciliana? Si tratta di vantaggi di indubbio rilievo, a cui è assai difficile rinunciare, soprattutto in considerazione del momento di grave difficoltà finanziaria in cui versano gli atenei, compreso il nostro.
Il costo stipendiale, annuale e complessivo, del personale passato al Policlinico è di € 9.231.036,28. Tale costo sarà interamente a carico del Policlinico nel 2016, ma già nel 2012 l’Ateneo ha risparmiato € 1.842.607,26, e nel 2013 risparmierà € 3.685.214,51 (saranno circa 5,5 i milioni di euro risparmiati nel 2014, e circa 7,4 quelli che si risparmieranno nel 2015). Un bel po’ di denaro, quindi, che l’Ateneo potrà ben impiegare, sulla base delle scelte che verranno operate dagli organi di governo, orientati dalla comunità universitaria, anzitutto per salvaguardare il proprio equilibrio di bilancio (e per assicurare così anche il pagamento degli stipendi, oggi messo in dubbio anche dal rettore), ma anche – ove le condizioni economiche lo consentissero – per finanziare i nuovi dottorati di ricerca (nel rispetto di quanto stabilito dalle norme di riforma degli stessi), per supportare le iniziative di ricerca di Ateneo, per garantire il mantenimento del nostro patrimonio bibliografico (anche alla luce di un finanziamento regionale che sta via via scomparendo), per pagare eventualmente integralmente gli incarichi di insegnamento (quelli svolti dai ricercatori a tempo indeterminato, ma anche quelli aggiuntivi al carico didattico assicurati dai professori ordinari e associati, e dai ricercatori a tempo determinato), per migliorare il livello e la qualità dei servizi tecnico-amministrativi. E si tratta soltanto di un elenco di esigenze, che mi viene da fare a una prima approssimazione, da integrare con le indicazioni che mi proverranno dai colleghi della comunità universitaria.

Ma v’è di più. Il passaggio al Policlinico ha prodotto cessazioni nel 2012 corrispondenti a 70,15 punti organico (che si sommano ai 62,10 punti organico derivanti dalle altre cessazioni avvenute nel 2012). Di qui, tenuto conto delle norme di legge in vigore e di quanto avvenuto nel 2012, l’Ateneo può contare – in virtù del passaggio al Policlinico – su circa 11 punti organico per assunzioni nel corso del 2013, da destinare alla stabilizzazione di circa 45 unità di personale tecnico-amministrativo attualmente con rapporto di lavoro a tempo determinato (TD e PUC). Altri 10 punti organico (derivanti dalle altre cessazioni 2012) resterebbero liberi, per essere utilizzati dai dipartimenti, individuato quanto prima un criterio di distribuzione condiviso (che va urgentemente stabilito anche per i 18 posti di ricercatore di tipo A già programmati), al fine di dare risposta alle aspettative dei precari della ricerca (giovani, già ricercatori e assegnisti, che aspirano a una stabilizzazione attraverso un contratto di ricercatore di tipo B e altri giovani che aspirano al primo ingresso nel mondo della ricerca universitaria attraverso un contratto di tipo A), nonché ai professori associati che guadagneranno l’abilitazione a ordinario (laddove, invece, gli abilitati ad associato potranno contare sui 32,40 punti organico assegnati all’Ateneo attraverso il piano straordinario per la chiamata dei professori associati).
Enrico Iachello