(Articolo pubblicato su «La Sicilia» del 6 novembre 2012)
A
pochi
mesi
(poco
più
di
tre)
dalle
elezioni
per
il
nuovo
rettore
del
nostro
Ateneo,
mi
trovo
costretto
ancora
una
volta
a
confrontarmi
con
un tentativo
di
avvelenare
la
competizione
che
ho
scelto
invece
di
affrontare
puntando
sul
rasserenamento
della
vita
dell’Ateneo
(dopo
le
polemiche
insorte
attorno
allo
statuto)
e
sul
suo
auspicabile
e
invocato
ricompattamento
per
affrontare
le
difficili
prove
che
ci
attendono.
Ancora
una
volta,
con
amarezza,
debbo
notare
che
persistono,
in
frange
largamente
minoritarie
(come
dimostrano,
da
ultimo,
gli
esiti
delle
elezioni
studentesche
e,
poco
prima,
quelle
per
il
Senato
accademico),
tentativi
di
esasperazione
del
confronto.
Non
sarei
però
reintervenuto
se
non
avessi
notato
in
quest’ultimo
episodio
un
atteggiamento
a
mio
giudizio
non
corrispondente
al
‘diritto
di
cronaca’.
Mi
riferisco
al
modo
in
cui
il
giornale
«La
Sicilia»
presenta
la
vicenda.
Con
ampio
risalto
nel
titolo
in
prima
pagina
si
parla
dell’‘esplosione’
di
un
‘caso
Maggio’
che
vedrebbe
contrapposti
‘sindacati
e
Ateneo’.
Non
è
vero:
non
c’è
un
‘caso
Maggio’,
né
c’è
una
contrapposizione
con
i
sindacati.
Nei
fatti
c’è
la
‘denuncia’
da
parte
del
signor
Gatto,
segretario
della
UIL
Rua,
di
presunte
irregolarità
nella
nomina
del
Direttore
generale
dell’Ateneo.
Gatto
non
rappresenta,
salvo
dichiarazioni
esplicite
in
tal
senso,
tutti
i
sindacati;
si
è
reso
protagonista,
e
non
da
ora,
di
un
virulento
attacco
nei
confronti
del
Rettore
e
dell’amministrazione
dell’Ateneo
e
si
è
caratterizzato
anche
per
toni
aggressivi
nei
miei
confronti
a
proposito
del
Policlinico
universitario
sul
quale
(legittimamente)
abbiamo
divergenza
di
vedute.
Perché
l’autore
dell’articolo
scrive
di
‘sindacati’?
Perché
il
giornale
dà
così
ampio
risalto
in
prima
pagina
alla
vicenda?
Ritengo
di
poter
legittimamente
rivolgere
queste
domande
a
un
giornale
con
cui
ho
collaborato,
del
quale
ho
sempre
rivendicato
il
ruolo
positivo
nella
nostra
città,
di
contro
ad
attacchi
che
miravano
a
delegittimarlo.
Lo
dico
non
perché
ciò
mi
conferisca
chissà
quale
autorevolezza,
ma
perché
ciò
rende
politicamente
corretti
(credo)
il
mio
stupore
e
il
mio
dissenso
rispetto
a
un
atteggiamento
che
finisce
con
lo
sponsorizzare
posizioni
faziose,
conferendo
alle
stesse,
sorprendentemente,
l’onore
della
prima
pagina.
Di
‘caso
Maggio’
si
sarebbe
potuto
parlare
se
in
seno
all’Ateneo
un
ampio
ventaglio
di
forze
avesse
sollevato
il
problema
o
se
gli
organi
di
controllo
a
ciò
deputati
avessero
posto
la
questione.
Qui
siamo
in
presenza
di
un
signore
(già
dipendente
dell’Ateneo),
contraddistintosi
per
posizioni
violentemente
polemiche,
che
attacca
l’Ateneo
sulla
nomina
del
Direttore
generale
(attacca
l’Ateneo:
la
nomina
è
stata
fatta
dal
Consiglio
di
amministrazione
– con
doppia
votazione,
entrambe
all’unanimità
– dopo
il
placet
del
Senato
accademico
– anche
in
questo
caso
con
doppia
votazione:
all’unanimità,
da
parte
del
Senato
uscente;
con
una
sola
astensione,
da
parte
del
nuovo
Senato
accademico).
La
reale
portata
della
questione,
del
resto,
si
evince
da
quanto
lo
stesso
Gatto
scrive:
la
nomina
del
dott.
Maggio
è
«inopportuna…
si
fonda
su
presupposti
altrettanto
inopportuni,
il
cui
controllo
di
legittimità
si
demanda,
laddove
fosse
ritenuto,
alle
Autorità
in
indirizzo»
(cioè
la
Procura
della
Repubblica
e
la
Corte
dei
Conti,
a
cui
Gatto
indirizza
la
missiva).
Di
quale
caso
parliamo,
se
lo
stesso
Gatto
con
queste
circonlocuzioni
invoca
le
Autorità
‘qualora
lo
ritengano
opportuno’?
Più
correttamente
in
altre
testate
si
dà
conto
della
dinamica
della
vicenda,
e
duole
dirlo.
Non
entrerò nel merito delle accuse di Gatto, lo ha fatto il Rettore, a
cui in primo luogo compete farlo, anche se, quale Consigliere di
amministrazione, rivendico la legittimità del mio operato e del
Consiglio di cui faccio parte, riservandomi di tutelarmi nei modi più
opportuni.
Qui
mi preme solo stigmatizzare la gravità di un atteggiamento che punta
ad avvitare in polemiche pretestuose il dibattito sul futuro
dell’Ateneo. Di questo stiamo parlando, alla vigilia ormai
dell’elezione del nuovo rettore, e invito gli altri candidati a
esprimersi in modo altrettanto sereno e chiaro contro simili
atteggiamenti. Occorre ‘denunciare’ e isolare quanti ancora si
accaniscono in un atteggiamento sterile che impedisce il confronto
sulle proposte e sui progetti per il nostro Ateneo nei prossimi sei
anni. Vogliamo ancora sfinirci in polemiche inutili? O vogliamo
confrontarci sul da farsi in una situazione complessivamente
drammatica? Non
sarei
intervenuto,
credetemi,
se
non
mi
premesse,
al
di
là
dell’esito,
la
‘qualità’
della
competizione che
mi trova direttamente coinvolto in prima persona: la qualità delle
proposte che si confrontano, non i veleni o le insinuazioni volgari.
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