Testo pubblicato (con qualche taglio editoriale per esigenze di spazio, qui proposto in versione integrale) su «La Sicilia» del 14 febbraio
Credo che la priorità ‘assoluta’ per la nostra Università, così come per il Paese, sia oggi quella di affrontare la situazione rappresentando correttamente la verità dei fatti ai propri interlocutori e, in particolare, al corpo elettorale, smettendola con la ‘fiera delle promesse’. Occorre porsi di fronte la realtà drammatica del Paese, e in esso della sua Università, se vogliamo uscire dalla crisi. Si richiedono uno sforzo e un impegno straordinario. Così come il nostro territorio vede messo a repentaglio il suo livello di benessere (meglio: quel che ne resta), anche il nostro Ateneo è a rischio.
Si
esamini un dato: il contributo del Ministero (il cosiddetto FFO)
assegnato all’Ateneo catanese è stimato, per il 2013, in circa 165
milioni di euro (corrisponde alla cifra del 1998); la spesa per i
nostri stipendi è pari a 178 milioni. Per quest’anno, con i
risparmi fatti in passato e con le riduzioni di spesa degli ultimi
esercizi, riusciremo ancora a garantire un servizio adeguato.
Dall’anno prossimo, la situazione può precipitare e rischiamo di
essere costretti a indebitarci.
Questa
è la verità. Che fare?
L’unica
strada percorribile consiste nell’attingere sempre di più al fondo
premiale del Ministero. Una parte crescente delle risorse
ministeriali viene distribuita agli atenei in base ai risultati
raggiunti; in particolare, rilevano i risultati della didattica
(per adesso ‘misurati’ essenzialmente sulla regolarità del
percorso di studio degli studenti) e la produttività della ricerca
scientifica. Per entrambi i fattori, il nostro Ateneo può
adoperarsi per migliorare il livello delle entrate: la media
nazionale dei fuori corso è del 33,5 %, la nostra è superiore al
45%. Per la ricerca, i primi indicatori ci dicono che siamo sotto la
media nazionale. Non sono dati che si possono cambiare rapidamente,
ma appunto per questo disegnano un’emergenza da affrontare
urgentemente e in modo rigoroso. Non abbiamo risorse da investire
se non noi stessi. Dobbiamo impegnarci di più nella didattica e
nella ricerca.
Sono necessari:
a. più attività didattica e più
tutorato;
b. personalizzare il percorso formativo dei fuoricorso,
con uno scadenzario credibile per il conseguimento della laurea;
c.
stabilire rapporti organici con le scuole per attivare iniziative di
orientamento, ma anche di conoscenza del background studentesco (in
modo da ‘calibrare’ le nostre lezioni).
Per la ricerca
occorre:
a. dare vita a un osservatorio che ci consenta di ‘entrare’
nel merito di essa, in modo da individuare punti di aggregazione
scientifica, ma anche in modo di orientarla in parte sulle esigenze
del nostro territorio;
b. non avendo risorse sufficienti per
incentivare economicamente chi produce migliore ricerca, dobbiamo
riservare le cariche accademiche a chi occupa le posizioni più
elevate (i primi due quartili) nelle graduatorie di produttività
scientifica. Questo non è un ‘espediente’ per incentivare la
produttività scientifica, ma un principio di coerenza per un Ateneo
che deve puntare sempre più sulla qualità: il governo dell’Ateneo,
a partire dal rettore, deve essere affidato ai docenti che questa
qualità garantiscono con il loro lavoro.
Un’altra
priorità del nostro Ateneo: ridefinire il nostro ruolo nel
territorio, qualificandoci come risorsa per lo sviluppo.
Negli anni in cui sono stato preside, il Monastero dei Benedettini è
diventato punto di riferimento per l’attività culturale della
città. In un dialogo con il Comune, la Provincia e soprattutto la
Regione, occorre individuare nel settore dei beni culturali un
settore strategico per lo sviluppo dell’Isola; ciò anche
attraverso l’incentivazione di iniziative in sinergia
pubblico/privato, che riconoscano all’Università il ruolo di
leadership scientifica.
Più
in generale, occorre dialogare sul serio con le organizzazioni
imprenditoriali, sindacali, sociali, per comprendere di quali
competenze il nostro territorio abbia bisogno; ciò vale per i
corsi di laurea, e vale soprattutto per i master. Da qui bisogna
ripartire anche per affrontare in modo positivo lo ‘scandalo’
della formazione nella nostra Regione: agli imprenditori e ai
sindacati va richiesto un piano di formazione legato alle reali
opportunità di inserimento nel mondo del lavoro; alle istituzioni
universitarie può essere affidato l’accreditamento degli enti e il
controllo di qualità dei corsi.
Uno
dei punti di forza della presenza nel territorio dell'Ateneo è la
sanità. Ma l’Ateneo vi interviene e deve potervi
intervenire a partire dalla sua specificità: la formazione dei
medici, cioè dando priorità a didattica e ricerca. L’assistenza
è importante, ma nell’ambito di questa mission
didattico-scientifica. Invece la Regione, tramite i suoi direttori,
ha sinora spinto a forzare l’attività del Policlinico sul versante
ospedaliero. Ma il Policlinico universitario o è un teaching
hospital o non esiste. E chi formerà i medici di cui ha bisogno
il nostro territorio? Occorre garantire un ‘governo clinico’ del
Policlinico.
Per
svolgere un ruolo di rilievo, l’Ateneo deve mobilitare al meglio
il suo apparato amministrativo. Al direttore generale e alla
dirigenza bisogna chiedere di fornire servizi sempre più efficienti,
in grado di facilitare l’azione dei docenti. Occorre por fine ai
punti di frizione tra burocrazia e docenza. Occorre, però, prendere
atto che il rapporto di forze è del tutto a sfavore del personale
tecnico-amministrativo, avendo meno tecnici e meno amministrativi
degli altri atenei di dimensione pari alla nostra. Dobbiamo, nel
reclutamento, tenere conto di ciò in modo adeguato, così come della
necessità di stabilizzare i nostri ‘precari’. E per non
fare demagogia, dico che le risorse possiamo prenderle solo dai
risparmi stipendiali provenienti dal trasferimento sul bilancio
regionale del personale del Policlinico. Circa 10 milioni di euro
l’anno verranno così risparmiati a regime. Se non si fosse fatta
questa operazione, se essa malauguratamente non fosse più possibile,
il default sarebbe alle porte.
Enrico
Iachello
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