martedì 23 ottobre 2012

Per un Policlinico universitario

(intervento già inviato via e-mail a tutto l'Ateneo il 17 settembre 2012)


Cari Colleghi,
la questione della medicina universitaria è cruciale per le prospettive del governo futuro del nostro Ateneo e del suo sviluppo. Essa rappresenta il punto di impatto più rilevante e delicato con il territorio in cui operiamo.
Sul piano generale, va detto anzitutto che – anche alla luce della progressiva contrazione di risorse pubbliche per il finanziamento del sistema universitario – pare ormai insostenibile che la spesa affrontata dall’Università a favore del SSN (per lo svolgimento di attività assistenziali) resti per intero a carico del sistema universitario e non del SSN. Ciò significa penalizzare, appesantendone i bilanci, gli atenei sede di scuole di medicina ad ampio spettro formativo, con conseguenti problemi di stabilità economico-finanziaria, già al centro del dibattito della CRUI.
Il nostro Ateneo, insieme alle Università di Messina e di Palermo, ha in qualche modo fatto fronte a questo grave problema attraverso un accordo con la Regione Siciliana, che ha prodotto il trasferimento del personale non medico addetto ad attività assistenziali al Policlinico.
Occorre chiarire che quest’accordo, mentre non ha intaccato in alcun modo diritti, posizioni giuridiche ed economiche del personale trasferito (le ha anzi rafforzate), non ha neppure messo in discussione l’appartenenza di questo personale al sistema universitario. Il personale in oggetto dipende dall’azienda di riferimento dell’Università e non certamente dalla Regione; a tale personale si applica il CCNL dell’Università e lo stesso è rappresentato dalle RSA dell’Università. Soltanto il costo stipendiale è stato correttamente trasferito dal sistema universitario al SSR, giacché è proprio il sistema sanitario che si è avvalso e continua ad avvalersi del contributo professionale di tali risorse umane. A tale personale è stato, per altro, definitivamente – e non più solo transitoriamente – riconosciuto lo status e l’inquadramento professionale (in molti casi migliorativo) proprio del sistema sanitario.
Ciò implica, d’altro canto, che tale personale, pur dipendendo dall’azienda Policlinico, è comunque obbligatoriamente assegnato a compiti di didattica e di ricerca, oltre che di assistenza, e deve porre in essere le proprie prestazioni assistenziali, di didattica e di ricerca in piena, necessaria e leale collaborazione, con i docenti universitari medici, sia nel loro ruolo di docenti (per l’attività didattica e di ricerca), sia nel loro ruolo di dirigenti medici (per l’attività assistenziale).
Le disfunzioni, quindi, che in qualche caso si sono verificate, in particolare per le Scuole di specializzazione, non sono conseguenza del ‘trasferimento’, ma di errori nell’applicazione degli accordi, che in quanto tali vanno denunciati per ripristinare corretti rapporti tra personale tecnico, amministrativo, sanitario e docenti.
Quel che pare, invece, non avere funzionato affatto in questi anni nella medicina universitaria catanese, e che viene vissuto con grave disagio sia dalla docenza universitaria, sia dai medici ospedalieri dell’azienda Policlinico-Vittorio Emanuele, è il modo in cui è avvenuta la recente fusione tra le due aziende, che è così apparsa, per molti aspetti, troppo affrettata, quasi imposta e quindi non compresa nella sua complessità.
La fusione, purtroppo, ha portato con sé grandi problemi esecutivi, con scarsi risultati in termini di maggiore efficienza e di risparmio di spesa (al contrario, i cattivi risultati di bilancio dell’ex Vittorio Emanuele si sono ribaltati sull’ex Policlinico), e ha, in particolare, prodotto gravi problemi di coesistenza tra medici universitari e medici ospedalieri.
Come se ne esce? La soluzione non può che essere quella di rinegoziare il tutto con il prossimo governo regionale, con autorevolezza e con fermezza, così da tutelare in un tempo la dignità dei docenti universitari, la qualità della formazione e la ricerca clinica. Ciò, al di sopra di qualsiasi logica politica. Occorre, in sostanza, riportare in primo piano la missione specifica dell’Università, che fornisce, certo, assistenza, ma pur sempre nell’ambito dei suoi compiti prioritari che rimangono la didattica e la ricerca.
Questi compiti, cioè formare i nuovi medici dotandoli delle conoscenze e delle competenze più aggiornate e adeguate, non sono un ‘privilegio’ dell’Università, sono il servizio a cui è istituzionalmente chiamata nel territorio. La fusione, così com’è stata realizzata, sembra non averne tenuto assolutamente conto: non è stata operata a partire da una seria e meditata programmazione dei compiti formativi, soprattutto del triennio clinico, e non ha tenuto conto a sufficienza delle esigenze del governo clinico, che avrebbero dovuto comportare un più diretto coinvolgimento degli organi dell’Università, in primo luogo dell’allora Facoltà di Medicina.
Non c’è dubbio che il micidiale piano di rientro, indispensabile strumento a garanzia di un paventato commissariamento, non sempre è stato applicato con razionalità; anzi, talvolta, anche prima della fusione, è stato inteso come uno strumento per tagli indiscriminati, tali da mettere in ginocchio quasi tutti i settori della medicina universitaria, che hanno subito effetti catastrofici in termini di valutazioni falsate tradotte poi in tagli di posti letto legati a una lettura viziata di tutti i parametri di valutazione. In altri termini, il piano di rientro è stato applicato come un piano di ‘assideramento’, di accorpamento non sempre razionale, con conseguente taglio trasversale delle risorse anziché dei ‘rami secchi’.
Ecco perché il problema principale è quello della governance.
In tutte le aziende sanitarie i politici dovrebbero fare un passo indietro e affidare la scelta dei dirigenti a criteri meritocratici, che l’Università sa meglio garantire e gestire. A maggior ragione ciò vale per il Policlinico. Senza un ‘governo clinico’ l’azienda ospedaliero-universitaria si snatura. Occorre affermare il primato dell’Università nella governance, ancorando la scelta dei vertici non all’arbitrio del politico di turno, bensì al rispetto di requisiti meritocratici.
In altri termini, si proceda alla nomina dei vertici attraverso bandi e selezioni, sulla base di criteri trasparenti, la cui formulazione e applicazione non possono che essere di pertinenza dell’Ateneo e della Scuola di medicina. Di più: si definiscano obiettivi e percorsi di sviluppo ancorati alle esigenze del territorio e miranti allo sviluppo di poli di eccellenza, salvaguardando le peculiarità della medicina universitaria, che coniuga formazione, ricerca e assistenza in un legame indissolubile che può attivare processi virtuosi tali appunto da conseguire l’eccellenza. E occorre essere franchi: per conseguire l’eccellenza non bastano i proclami; essa va costruita, faticosamente, con rigore e impegno.
Al giorno d’oggi, tutti i discorsi, tutte le ‘ricette’ sembrano ormai ridursi ai tagli da fare (pur necessari), mentre è evidente che occorre sempre più coniugare rigore e sviluppo. È vero per il Paese, ed è vero per la sanità. La medicina universitaria può crescere solo puntando all’eccellenza. Occorre modificare comportamenti e impostazioni in modo che si possa favorire la crescita e l’espressione di professionalità, che appaiono ostacolate e compresse da fenomeni in cui la logica dominante appare essere quella del controllo politico clientelare o della mera ‘autoriproduzione’ della classe medica.
La fusione tra Policlinico e Vittorio Emanuele va peraltro integrata con una forte politica di inserimento dell’azienda nel territorio, tale da renderla leader nella realizzazione di un vero teaching hospital caratterizzato da una forte integrazione dell’assistenza, della formazione e della ricerca. Non un doppione di strutture esistenti sul territorio, ma un polo di eccellenza dove l’innovazione rappresenti l’elemento fondamentale affinché l’Università possa tornare ad essere capofila della sanità, almeno provinciale, e sia un punto di riferimento per tutti gli operatori sanitari. Solo così non correrà più il rischio di diventare facile terreno di conquista della politica. Se è vero che la passata gestione del Policlinico da parte di un ‘rettore politico’ aveva già inaugurato il metodo del controllo politico sulla medicina universitaria, non v’è dubbio che la creazione della mega-azienda si è tradotta in una forte perdita di autonomia universitaria nella gestione dell’azienda; ecco perché nel futuro l’azienda ospedaliero-universitaria dovrà essere il luogo dove si insedia per intero la Scuola di medicina e dove l’assistenza viene resa funzionale alla ricerca e alla formazione medica di altissima qualità. Le nuove strutture in corso di completamento consentono di trasferire presso il Policlinico tutte le unità di eccellenza disseminate in questo momento in altri ospedali cittadini, favorendo per tale via una unificazione di governance della medicina universitaria. Si aggreghino inoltre le unità ospedaliere effettivamente necessarie ai corsi di studio della Scuola di medicina, adottando appunto come criterio guida prioritario la didattica e la ricerca.
La concentrazione dell’attività di ricerca, didattica e assistenziale in un’unica azienda (davvero di riferimento dell’Università e non della politica!) deve rispondere a una sfida: al di fuori di ogni autoreferenzialità, la medicina universitaria catanese può e deve tornare ad essere culla della grande medicina nazionale e internazionale, polo di attrazione di degenze non solo regionali ma nazionali; deve collegarsi in rete con i grandi centri di ricerca medica presenti in Sicilia (per esempio, l’Ismett); e non solo, deve fortemente specializzarsi nel quadro della programmazione regionale e deve soprattutto rispondere alla logica della eccellenza medica, fuori da ogni dipendenza dalla politica.
Sarà così possibile valorizzare al meglio, anche per il profilo assistenziale, le carriere delle migliori professionalità medico-universitarie presenti nelle strutture ospedaliere catanesi, attualmente compresse dalla insostenibile coabitazione con la medicina ospedaliera.
In termini normativi, ciò significa – va ribadito – rivedere in Sicilia le regole di nomina della governance dei policlinici universitari (direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario): la scelta finale, pur prevedendo momenti di concertazione, deve essere sostanzialmente demandata agli organi di governo dell’Università e alla Scuola di medicina (che andrà quanto prima attivata come previsto dalla normativa).

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